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22.9.2007
I furbetti della funivia
IN OCCASIONE DELL’APPROVAZIONE del Bilancio comunale 2006, i cittadini di Palombara Sabina si sono trovati di fronte una brutta sorpesa:

Da www.carta.org

Il finanziamento, da parte della
Regione Lazio, della riapertura della funivia
dalla stazione di San Nicola a monte Gennaro
per un importo di un milione di euro [due
miliardi di lire]. Già nel 2000 la funivia aveva
ricevuto finanziamenti da parte della Regione
[allora guidata da Storace]: un miliardo e
200 milioni di lire per un impianto funiviario
di collegamento dell’abitato del paese con la
vetta del Monte Gennaro: cioè una nuova funivia.
Un finanziamento a sorpresa: il Comune
non aveva presentato nessuna richiesta,
nessun progetto.
Quelle risorse destinate al Comune non potevano,
come sarebbe piaciuto a qualcuno, essere girate semplicemente alla società
Monte Gennaro, che, nel 1994, a seguito di asta giudiziaria, aveva rilevato per 272
milioni e 500 mila lire l’impianto che, partendo fuori dell’abitato, raggiungeva la
vetta del Gennaro. In verità, il Comune fece presente alla Regione di essere interessato
non a una nuova funivia ma alla riattivazione della esistente, ma non riuscì,
in cinque anni, a utilizzare quel finanziamento.
Oggi siamo a un finanziamento fotocopia, senza richiesta e senza un progetto.
Un finanziamento che, seppure più sostanzioso, non permetterebbe la riapertura
del complesso per il quale, nel 1997, venne preventivata una spesa di diciassette
miliardi di lire.
I comitati della zona, gli ambientalisti, in particolare di Italia Nostra e Rifondazione
comunista, considerano la funivia un pericolo per l’ambiente e fonte di pura
speculazione. Difatti, l’impianto di risalita che la società Monte Gennaro aveva
rilevato comprendeva la stazione di partenza, le aree per i sostegni del primo tronco,
la stazione intermedia di San Nicola, le aree per i piloni del secondo tronco e,
sulla vetta del Gennaro, oltre alla stazione di arrivo, altri tre immobili a uso ricettivo.
Nel 1983, poiché la società Stit non aveva ottemperato alle precise direttive,
il sindaco di Palombara revocò la concessione: la chiusura determinò il fallimento
della Stit. Tuttavia, è rimasta in piedi la questione delle edificazioni: i fabbricati in
vetta, realizzati su terreno di demanio collettivo di uso civico, oltre a una parte dell’albergo
con annessa piscina, comprendono un centro accoglienza e una baita ristorante
con alloggi di servizio. Peccato, però, che il terreno fosse inalienabile e che
molte sue parti risultano soggette a vincolo paesistico, sono comprese nel parco regionale
dei monti Lucretili e classificate riserva integrale e sono comprese nei siti
di importanza comunitaria del Lazio. Ciò nonostante, per questi fabbricati è stata
presentata domanda di condono edilizio anche se non risulta mai pagata l’Ici . L’impianto,
invece, è stato totalmente abbandonato e dalla sua nascita non è stato mai
oggetto di revisione.
L’area su cui insiste la stazione di arrivo, parte dell’albergo, una piccola frazione
del centro accoglienza non è vincolata ad uso civico. Il terreno dove dovrebbe
sorgere la baita, gran parte del ristorante e parte dell’albergo appartiene al Demanio,
è gravato dal vincolo di uso civico ed ha ottenuto il cambio [momentaneo] di
destinazione pur rimanendo inalienabile, essendo compreso in area naturale protetta.
La società Monte Gennaro avrebbe dovuto pagare al comune, per il cambio
di destinazione, un canone annuo di lire 4.550.750, cosa che non risulta.
Ecco il quadro della situazione ed ecco, in sintesi, il giudizio del circolo di Rifondazione
di Palombara e Montorio: «Tutta l’operazione sulla cima del Gennaro è avvolta
nella nebbia. Ci sembra tanto un’operazione dei soliti furbetti di paese che
vorrebbero giocare ai manager con i soldi di tutti. Chiediamo - conclude il circolo
– la revoca del finanziamento». 

(c)

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